I diari della settimana In primo piano

DIARIO DELLA SETTIMANA DAL 10 MARZO

Non ci vedrete mai divisi!

Non ci vedrete mai divisi!
La guerra è guerra per tutti.
In questo video ci sono due ragazze ucraine, un siriano, un egiziano, un marocchino, un algerino e io che non so cosa sono
Siamo a bordo della stessa nave che affonda!
Non divideteci!
Tenetevi le frontiere e noi ci teniamo la solidarietà tra chi soffre. Queste persone sono scappate insieme per scappare dai bombardamenti, hanno fatto il possibile per uscire insieme dalla frontiera e raggiungere la Polonia e poi li abbiamo accompagnati fino al treno che li ha portati in Germania
Buona vita care sorelle e cari fratelli

Nawal Soufi

Diario dal 10.3

10 marzo

  • Avvenire – Ora vediamo i profughi. Sono “come noi”, ricordiamolo sempre. Oggi sono gli ucraini, che sono ‘come noi’, ma ieri è toccato ad altri ‘come noi’, che non abbiamo riconosciuto tali
  • Avvenire – Roma: altre due senzatetto morti in strada per il freddo.
  • Agenzia OG Zero Studium – Appunti per una tragedia yemenita di Lorenzo Forlani – Lo scacchiere internazionale vede molteplici guerre sanguinose in corso da anni furi dall’Europa. La guerra in Yemen, tra i ribelli che lottano contro il presidente dello Yemen Ali Abdullah Saleh, al potere dal 1990, sostenuto dall’Arabia Saudita e di riflesso dagli Stati Uniti, ha finora prodotto quasi mezzo milione di morti, dei quali il 70% erano bambini. L’import di armi nella regione è sempre più alto, un dispiegamento di forze senza precedenti che prolunga un conflitto senza vincitori che fa pensare che finirà soltanto quando sarà finito lo stesso Yemen.
  • Carta di Roma – Ius scholae, verso la riforma della legge sulla cittadinanza. Alla commissione affari costituzionali della Camera, il testo che introduce il cosiddetto “ius scholae” come base di partenza per la tanto attesa riforma della legge sulla cittadinanza.

11 marzo

  • Il manifesto – Perché è sbagliato il paragone con la Resistenza di Alessandro Portelli – Quando gli alleati fornivano armi ai partigiani, infatti, erano già in guerra con la Germania; non solo, ma quella guerra la stavano vincendo e, particolare non secondario, avevano già «gli stivali sul terreno» in Italia, ed erano loro, non gli invasori tedeschi, che bombardavano le nostre città occupate col fine di far durare di meno la guerra. Non credo che ci fossero dubbi sulla moralità della resistenza nel Rojava. Però non solo non gli abbiamo mandato armi, ma mentre paragoniamo chi si arruola per combattere col battaglione Azov alle Brigate Internazionali di Spagna, gli italiani che sono andati a combattere nel Rojava li teniamo sotto sorveglianza di polizia perché possibili minacce all’ordine pubblico. È vero che il Rojava non stava «nel cuore dell’Europa»: stava in Turchia, paese nostro alleato, nel cuore della Nato, portatore dei nostri valori occidentali.

12 marzo

  • Avvenire – Ricchiuti: la guerra si poteva evitare Sbagliato mandare armi agli ucraini intervista a Giovanni Ricchiuti a cura di Andrea Galli – Anche Pax Christi ha fatto sentire la sua voce. «Tacciano le armi» è il titolo della dichiarazione firmata dal presidente, il vescovo Giovanni Ricchiuti. «Ciò che oggi è uscito fuori è il fuoco che covava sotto la cenere. Nel 2014 per il Donbass bisognava mettersi attorno a un tavolo e comprendere le ragioni gli uni degli altri. «La condanna all’aggressione operata da Putin è totale. La guerra è sempre una tragedia. Ma non possiamo con questo dimenticare, o peggio ancora assolvere, la Nato (di cui l’Italia fa parte) dalle sue gravi responsabilità» L’Italia non poteva mandare le armi all’Ucraina, perché l’articolo 11 della Costituzione è fin troppo chiaro. Lo è anche la legge 185/90 – di cui don Tonino Bello fu uno dei suoi promotori. Come uomo, come credente e come vescovo, non mi stancherò di dire questa è la strada sbagliata.
  • Mediterranea Saving Humans – Nel mese di febbraio il numero di persone che si sono ritrovate costrette a fuggire, ad attraversare il Mediterraneo e che sono riusciti ad arrivare in Italia è pari a 2.439. Un numero, questo, più basso se comparato con gli arrivi del mese precedente: ne erano arrivati 3.035.Tra le persone arrivate in questo secondo mese dell’anno vi sono 299 minori non accompagnati.  Nel mese di febbraio vi sono stati oltre 2.300 respingimenti ad opera della cosiddetta Guardia costiera libica, tra cui 228 donne e 77 minori. Ennesime violazioni del principio di non-refoulement che continuano ad avvenire giorno dopo giorno. Ennesime violazioni che oggi, però, trovano ancora meno luce di fronte l’orrore dell’invasione russa in Ucraina,
  • il manifesto – Sinistra fiorentina in piazza: Fermare le armi, non inviarle
  • La Repubblica – La frontiera fragile tra noi e l’orrore di Paolo Rumiz – Dalla mia casa di campagna vedo passare gli ucraini in fuga che accogliamo a braccia aperte e, a poca distanza, nei boschi, i poveri cristi da Siria e Afghanistan che nessuno vuole. Nella corrente alternata della solidarietà, i secondi non sono più di moda. Peggio: aiutarli è ancora un crimine, secondo la legge Salvini che il nuovo governo non ha mai abrogato.

13 marzo

  • il Fatto Quotidiano – intervista a don Severino Dianich – “Credo che l’esaltazione della patria e dell’indipendenza nazionale come valore assoluto, da difendere anche attraverso un massacro e il sacrificio di vite umane, sia una piaga del nazionalismo dell’800. Bisogna trovare un equilibrio tra il valore dell’indipendenza di un popolo, che è innegabile, e il prezzo da pagare in vite umane per rivendicare quel valore. Credo che la valutazione della durata della resistenza armata debba essere in funzione della possibilità effettiva di una vittoria. Quale prezzo, quanti morti si possono sacrificare per ottenere questo risultato? Armare il popolo ucraino allunga la guerra. Con quale ipotesi? C’è la previsione che l’Ucraina possa vincerla? O si vuole allungarla esaltando l’eroismo degli ucraini? Penso a Bertolt Brecht: beato il popolo che non ha bisogno di eroi. Noi mandiamo le armi, ma chi ci lascia la pelle sono loro: quando questo popolo ci chiede di partecipare alla sua resistenza, la decisione ricade anche sulle nostre coscienze”
  • Il manifesto – Arabia saudita: eseguite in un giorno 81 condanne a morte – L’erede al trono saudita e presunto «modernizzatore» Mohammed bin Salman (MbS), ieri ha mandato davanti al boia 81 persone – tra cui sette yemeniti e un siriano – condannate a morte per vari reati.
  • Il manifesto – Il potere di contagio della guerra e la verità della memoria di Marco Revelli – La guerra contiene in sé l’infinita potenza del negativo. Con un altrettanto infinito potere di contagio. Dovremmo saperlo, ma lo dimentichiamo sempre: non si limita a distruggere vite e mondi. Corrompe e contamina occupando le menti e le anime con la propria logica perversa… Stiamo con gli aggrediti e i più deboli. Per ridurre le sofferenze dei civili e per la fine del conflitto. Mandare armi dove ce ne sono già troppe non serve né all’uno né all’altro. Ha ragione Donatella Di Cesare quando ci invita a scegliere se vogliamo “aiutare il popolo ucraino aggredito” o “fare la guerra a Putin”, perché le due cose sono in contraddizione. La seconda opzione (combattere contro un nemico usando, peraltro, i corpi degli altri) significa, come è stato ferocemente detto “rendere lo scontro sempre più sanguinoso” fino al rischio estremo. La prima implicherebbe compiere ogni possibile sforzo per favorire un negoziato accettabile per entrambe le parti in una prospettiva di pace onorevole. Personalmente non ho dubbi. Infine un’ultima implorazione: per favore non si usi il paragone con i “partigiani” per sostenere la linea dell’”armiamoli a casa loro”, fuori luogo e fuori contesto come ha ben messo in chiaro Alessandro Portelli su queste pagine, utile solo a sopire i sensi di colpa per la propria passata e presente impotenza.

14 marzo

  • La Stampa – Dal petrolio alle armi finché c’è guerra c’è business di Domenico Quirico – Dopo i mercenari, sono arrivati anche i profittatori, gli speculatori del rincaro. Che fanno fortune colossali. Mercanti d’armi e venditori di petrolio, gas e granaglie, ma anche violatori di embarghi, oligarchie mafiose (ucraine e russe). E per sostituire il gas e il petrolio russo non si guarda tanto per il sottile: anche corrotti e dittatori vanno bene. E poi il business più lucroso e sudicio: le armi.
  • La Stampa – Pace, Putin e l’Occidente Il mio diverso parere di Donatella Di Cesare – In questi tempi di guerra è ancora possibile pensare? Interrogarsi sulle cause di un conflitto complesso, vuol dire tentare di scorgere le soluzioni. E anche lasciare aperto lo spazio dell’etica e della politica. I guerrafondai che chiamano alle armi in nome dei principi cancellano l’etica. La piazza di Firenze che manifesta per la pace, applaude a Zelensky che invoca la no fly zone, cioè la guerra.
  • Mosaico di Pace – Semplificazioni di Tonio Dell’Olio – Non ci sarebbe stato bisogno di bastoni e interventi spontanei se avessimo avuto a disposizione una forza di polizia internazionale indipendente abilitata a proteggere la vita degli ucraini aggrediti.
  • Adista – Lettera di Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento a tutti i “bellicisti da divano” che denigrano i pacifisti

15 marzo

  • Avvenire – Quei profughi torturati nella foresta Bielorussia, dentro la terra di nessuno di Paolo Lambruschi – Frontiera di orrori e violenze. Sparizioni di donne e bambini. Lo spettro del traffico di organi. Una donna irachena ha partorito vicino al filo spinato, lei e il bambino sono stati lasciati morire lì. Per i profughi siriani, curdi, afghani, yemeniti e africani in fuga da guerre e persecuzioni, l’Europa resta una fortezza. L’Ue deve intervenire: non esistono vite umane di ‘serie B’.
  • Avvenire – Maxi-naufragi in Libia e alle Canarie. Decine di annegati sulle rotte del mare.
  • Corriere della Sera – «Ecco perché penso che mandare armi a Kiev si rivelerà un errore» di Carlo Rovelli – il clima di belligeranza in cui vedere sofferenze ci spinge a fomentare la guerra, e chiamiamo «pace» l’inviare armi, mi preoccupa, mi fa pensare che stiamo forse commettendo un errore. dare più importanza allo scontro che alla cessazione delle ostilità aumenta le sofferenze degli esseri umani. Qualcuno pensa davvero che mandando armi diminuiamo le sofferenze della guerra, il numero di morti, la quantità di devastazione? Penso che dobbiamo uscire dalla logica di rispondere alla violenza fomentando violenza.
  • Il manifesto – L’Unione europea ritrovi la capacità di una mediazione di pace di Guido Viale – Non c’è dubbio che in questa guerra l’aggressore sia l’esercito russo e che la resistenza armata è una più che giustificata risposta. Ma allora se le cose stanno così, perché non mandare armi al governo e ai combattenti ucraini che le chiedono? Perché mandare armi è alternativo a qualsiasi tentativo di far cessare la guerra con un negoziato. O si fa una cosa o si fa l’altra. È falso che una resistenza più forte migliorerebbe la posizione dell’Ucraina in un negoziato. È vero il contrario. La proposta dell’invio di armi è conseguente alla mancanza di un serio tentativo di mediazione che infatti spinge a ripiegare sull’invio di armi senza interrogarsi sulle conseguenze.
  • Volere la luna – Stalin e Ivan il terribile: le bugie della guerra di Loris Campetti – Putin non è figlio né figlioccio di Stalin, tampoco di Lenin. Semmai è un figliastro, o meglio un nipotastro della cultura imperiale zarista. Putin di rosso ha solo le mani sporche di sangue. Anche le bugie non sono più quelle di una volta, è come se le loro gambe si fossero allungate a dismisura. Le bugie e i non detti, i non visti. Delle stragi di Putin oggi vediamo tutto, i civili ammazzati ci vengono sbattuti in faccia ora dopo ora tra una pubblicità del farmaco contro la prostata e un varietà. I 14mila russofoni ammazzati nel Donbass negli ultimi otto anni, invece non li abbiamo visti, come non abbiamo commentato i cinquanta morti ammazzati dentro e fuori la sede sindacale di Odessa dai nazisti del battaglione Azov, come ci ricorda il presidente di Pax Christi, il vescovo Giovanni Ricchiuti. Questo vuol dire che i crimini dell’uno pareggiano quelli dell’altro? Al contrario, i crimini dell’uno si sommano a quelli dell’altro in una spirale criminale in cui le responsabilità maggiori sono del più forte, cioè della Russia, senza però assolvere il più debole. Senza dimenticare. Oggi, bisogna fermare una guerra combattuta intorno, e dentro, le centrali nucleari. Anch’esse andrebbero salvate, e poi magari chiuse. Armare la resistenza ucraina contro una potenza che oltre alle centrali ha anche le bombe nucleari, avvicina o allontana la pace in Ucraina e nel mondo? I partigiani vollero fortissimamente l’articolo 11 nei principi fondamentali della Costituzione: «l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

16 marzo

  • il manifesto – Per la pace le Nazioni unite in seduta pubblica e permanente sull’Ucraina di Luigi Ferrajoli – il dovere della comunità internazionale è fermare la guerra. E non c’è modo più efficace, che riunire in seduta pubblica e permanente, finché non sia raggiunta la pace, gli organi supremi dell’Onu, per dar vita a un confronto nel quale tutti, a cominciare dalle maggiori potenze, dovranno assumersi le loro responsabilità di fronte al genere umano. Si tratta del dovere dell’Onu di fare tutto ciò che è possibile al fine di ottenere la pace. E ciò che è possibile, e perciò doveroso, è non lasciare la debole Ucraina a trattare da sola – prima o poi la resa – con il suo aggressore, bensì offrire i suoi organi istituzionali, l’Assemblea generale e il Consiglio di Sicurezza, come i luoghi e i soggetti della trattativa, convocati e riuniti in maniera permanente… Sarebbe un merito storico se a proporla fosse l’Italia.